Formula 1 2019: i GP più duri e quelli più abbordabili per i freni.

01/12/2015

 Quali i circuiti sono più duri per i freni delle auto di Formula 1? Le previsioni di Brembo sui circuiti più impegnativi per il freni del campionato mondiale 2019

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“I rettilinei sono soltanto i tratti noiosi che collegano le curve” è una celebre citazione di Stirling Moss. Il fascino dalla Formula 1è dato proprio dalle sue curve perché si fatica a trovarne due identiche. ​

E anche quando l’angolazione, la pendenza e la velocità di ingresso delle monoposto appaiono simili ci sono altre variabili differenti come il grip e la temperatura dell’asfalto.​


 

Tutte queste voci incidono in maniera significativa sullo stress a cui sono chiamati gli impianti frenanti. Poiché ciascun circuito fa storia a sé, i tecnici Brembo che lavorano a stretto contatto con i team più importanti di Formula 1, hanno classificato le 21 piste del Mondiale. ​

Per farlo si sono serviti di una scala da 1 a 5, direttamente proporzionale all’affaticamento prodotto sui freni dalle diverse piste. Il valore massimo, equivalente ad un impegno Very Hard per i freni, è stato ottenuto dalle piste di Abu Dhabi, Città del Messico, Montreal e Singapore. ​

 

Un gradino sotto (voto 4), nella categoria Hard si posizionano le piste di Melbourne, Sakhir, Baku, Spielberg, Hockenheim, Monza e Sochi.​

 

Quindi più della metà dei circuiti del Mondiale, 11 su 21, costituiscono un banco di prova impegnativo per i freni. Ciò nonostante sono oltre un centinaio i GP di Formula 1 vinti da monoposto dotate di componenti frenanti Brembo su queste piste.​



 

 

All’opposto, le piste meno stressanti per gli impianti frenanti (Very Easy) sono quelle di San Paolo, Silverstone e Suzuka: ​esistono comunque anche per queste piste alcune criticità per i freni che non devono essere sottovalutate.

Se oggi possiamo definirli potenziali problemi di minore entità il merito è della continua innovazione tecnologica promossa da Brembo nel corso dei decenni.​

 

 

Questa classificazione delle piste discende dalla combinazione di una serie di dati numerici rilevati per ogni singola frenata e di alcune variabili qualitative, impossibili da convertire in cifre. Per esempio, è ben diverso usare i freni nel GP Messico, dove la temperatura dell’asfalto arriva a 50 gradi, dal farlo al GP Gran Bretagna in cui spesso la temperatura dell’aria non supera i 20 gradi. ​

 

All’Autodromo Hermanos Rodriguez la ventilazione appare cruciale per evitare il surriscaldamento di pinze e dischi che comunque riescono a lavorare bene fino a quasi 1.000°C. Per ovviare a questo problema ciascun team dispone di impianti con raffreddamenti personalizzati ottenuti grazie ai 1.400 fori di ventilazione realizzati su ogni disco. ​


A Silvestone, invece, si rischia l’eccessivo raffreddamento con conseguente vetrificazione (glazing) del materiale d'attrito. Il carbonio con cui sono realizzati dischi e pastiglie, infatti, a temperature di esercizio troppo basse, non garantisce la corretta generazione dell'attrito, pregiudicando le performance in frenata. ​

Il numero di frenate necessarie per completare un giro è invece una variabile fuorviante per valutare lo stress a cui è sottoposto l’impianto: a Montreal i piloti usano i freni 7 volte ogni giro, a fronte delle 12 volte di cui se ne servono a Montecarlo, la cui pista è peraltro più corta di un km di quella canadese. Eppure, la pista sull’isola di Notre-Dame è catalogata Very Hard per l’impegno dei freni e quella monegasca solo Medium.​


 
 

La ragione risiede nelle numerose staccate decise e molto ravvicinate della pista canadese, definita non a caso “stop and go”, che ostacolano il raffreddamento dei freni.​

A Monaco, invece, i freni sono usati più spesso ma sempre per intervalli di tempo contenuti perché l’estrema tortuosità impedisce di raggiungere grandissime velocità. ​

Più del numero delle frenate è evidente come sia decisiva la loro collocazione spaziale: Shanghai e Sakhir sono piste di identica lunghezza (5,41 km) e con 8 frenate al giro, ma nel GP Bahrain molte frenate ad alto impatto energetico sono concentrate nella parte centrale della pista, con conseguente usura elevata del materiale d’attrito. ​​

Nel GP Cina, invece, le curve che richiedono un grande sforzo ai freni (la 6, la 11 e la 14) sono sparpagliate lungo tutto il tracciato e sono intervallate da frenate molto meno impegnative.​

Questa disposizione permette quindi un buon raffreddamento degli impianti prima che siano sottoposti ad un nuovo sforzo. ​


 
 

Come si è intuito parlando di Montreal, una variabile decisiva per lo stress degli impianti frenanti è la media sul giro delle decelerazioni massime affrontate: laddove infatti le staccate violente abbondano, come per esempio a Monza dove ci sono 4 punti in cui le monoposto arrivano ad oltre 310 km/h, la forza g delle decelerazioni raggiunge valori importanti. ​

A Monaco, invece, le monoposto non raggiungono mai i 300 km/h e persino nella staccata più dura, quella che segue il tunnel (curva 10), la velocità persa è inferiore ai 200 km/h. ​

Di conseguenza la forza g massima della pista monegasca arriva ad un massimo di 4,8 g e quella media è di soli 3,6 g .​


 

Un’altra variabile considerata è la potenza della staccata, diretta conseguenza del carico aerodinamico, del calo di velocità e della durata spaziale e temporale di ciascuna frenata: a Sochi e Montreal nel corso di un giro ci sono ben 6 punti in cui questo la potenza della frenata supera i 1.600 KwH, arrivando fino a 2.071 KwH alla seconda curva della pista russa.​

Come si evince da tutto ciò, gli impianti frenanti delle monoposto di Formula 1 sono molto più complessi di quanto appaiono perché devono essere in grado di operare efficacemente nei contesti più disparati. Una grande sfida per Brembo che riversa l’esperienza accumulata con le monoposto più performanti al mondo sulle auto che guidiamo tutti i giorni.

 

Brembo, dalla pista alla strada. ​