A volte ci sono innovazioni che sono come un pugno nello stomaco. A volte sono semplicemente troppo in anticipo sui tempi. O a volte per affermarsi, devono scardinare pregiudizi e resistenze. 

Questa è la storia di un’innovazione che è stato tutto questo messo insieme ma che ha cambiato per sempre il modo di progettare i freni per moto. Un innovazione talmente audace da essere bollata come eretica e che proprio per la sua portata rivoluzionaria ha richiesto pazienza, tenacia e soprattutto tempo prima di essere realmente compresa e apprezzata. 


Questa è la storia della pinza ad attacchi radiali, e di come Brembo l’abbia trasformata da un’idea giudicata troppo audace persino per il mondo estremo delle competizioni in un oggetto in grado di migliorare l’esperienza di guida quotidiana di milioni di motociclisti.

Siamo nei primi anni 90 è Brembo è già leader indiscusso dei sistemi frenanti moto Racing. Un percorso cominciato nemmeno 20 anni prima, nel 1972, quando Brembo realizza la sua prima pinza moto destinata al primo equipaggiamento su moto stradali, ma già arrivato all’apice del successo con la presenza dei freni Brembo nella classe 500 del motomondiale, la massima espressione del motociclismo al mondo. 


In quegli anni, tutte le moto, comprese quelle impegnate nelle massime competizioni, erano equipaggiate con pinze freno caratterizzate da un fissaggio assiale rispetto alla forcella. 

In un tale sistema la staffa ancora la pinza solo nel punto superiore prossimo alla forcella, mentre il punto inferiore rimaneva libero. 

Nel momento in cui le pastiglie entravano in contatto col disco, il disco applicava una torsione alla pinza nello stesso verso di rotazione.
Si trattava della soluzione più naturale, più logica e anche più semplice da realizzare dal punto di vista costruttivo, soprattutto con le forcelle tradizionali dove è sufficiente prevedere 2 orecchie sul gambale fuso. 


L’inconveniente di questa soluzione e che, se l'estremità inferiore è libera, l'intera pinza potrebbe subire forti deformazioni durante la frenata. Le deformazioni applicate creano problemi visto che è compito della sola rigidezza della pinza garantire il corretto posizionamento dei materiali di attrito sulla superficie del disco.

Questo problema diventò evidente soprattutto con  l’aumento considerevole del grip garantito dai pneumatici slick, introdotti nel Motomondiale sul finire degli anni Settanta che permetteva angoli di piega mai sperimentati. 

Ma laddove la piega era eseguita in un tratto sconnesso (bumpy) le pastiglie finivano per sbattere contro i dischi. Così, alla frenata successiva la leva del freno andata tirata due volte, perché un primo ricorso alla leva non produceva effetti. 

Nonostante ciò, soprattutto per mancanza di alternative, sino agli anni Novanta, la pinza assiale costituiva il modello da seguire per tutto il comparto motociclistico, rispetto al quale non era minimamente immaginabile pensare a delle alternative.


Tutti i team più competitivi della 500, infatti, usano freni Brembo è i tecnici dell’azienda italiana sono rispettati e apprezzati all’interno del paddock sia per la competenza sia per la genuinità dei componenti Brembo. 

Per Brembo le cose filano lisce e non ci sarebbe stato alcun motivo per azzardare soluzioni nuove e rischiose.
In quegli anni, infatti,  tutti i team più competitivi della 500usano freni Brembo è i tecnici dell’azienda italiana sono rispettati e apprezzati all’interno del paddock sia per la competenza sia per la genuinità dei componenti Brembo. 


Nonostante ciò, nella mente vivace dei tecnici Brembo comincia a prendere forma un’idea di pinza freno per moto apparentemente rivoluzionaria. 

Lo spunto arriva da un mondo allo stesso tempo vicino, ma anche distante, rispetto al motomondiale: la Formula 1. 

L’Azienda è attiva in Formula 1 dal 1975 e già dal 1982 aveva introdotto per le monoposto le pinze freno radiali con ottimi risultati. 
Grazie all’esperienza accumulata e alla consapevolezza dei vantaggi offerti dal sistema radiale rispetto a quello assiale, gli uomini Brembo iniziarono a prendere in considerazione l’idea di applicare anche al mondo motociclistico il concetto dell’attacco radiale.


Meccanicamente l'accoppiamento radiale avrebbe consentito una maggiore rigidezza della pinza, che seguendo nella fase di rotazione la rotazione del disco, sarebbe stata soggetta a minor stress meccanico, con conseguenti minori deformazioni.

Nella pinza ad attacco radiale, infatti, la parte inferiore della pinza non è più libera, ma ancorata alla struttura in maniera solidale. 

Ciò avrebbe permesso di assimilare pinza e forcella come un tutt'uno, traducendosi in una molteplice serie di vantaggi.

Da una parte l’attacco radiale avrebbe consentito di opporre una resistenza al momento torcente notevolmente superiore a quella offerta da una pinza assiale proprio perché riduce a minimo le deformazioni elastiche (che assorbono energia al sistema frenante). 

Dall’altra, oltre a garantire un notevole incremento dell'azione frenante, l’attacco radiale avrebbe eliminato le corse a vuoto della leva derivate da un non corretto allineamento delle pastiglie a seguito di una sconnessione del manto stradale. 


Consci dell’audacia dell’idea, prima di realizzare un prototipo, decisero di sottoporre alcuni disegni tecnici a colui che veniva ritenuto un vero e proprio guru nel campo motociclistico, un uomo di grande carisma ed esperienza: il responsabile tecnico giapponese del Team Honda Racing.

Purtroppo, la presentazione dei schizzi con la soluzione si tradusse in una cocente delusione. 

Il tecnico giapponese della Honda richiuse disorientato il plico di disegni che gli era stato sottoposto, allontanandoli con un’espressione di sconcerto. Costui non solo era convinto della irrealizzabilità della soluzione, ma la considerava addirittura sacrilega per l’epoca, alla stregua di un volante montato su una moto. 


Una bocciatura sentenziata da uno dei massimi esperti del settore avrebbe scoraggiato chiunque, tant’è vero che in Brembo l’idea venne temporaneamente accantonata. Ma in realtà si trattò solo di una pausa di riflessione.

Le pinze ad attacchi assiali Brembo, non avevano rivali e continuavano a mietere successi in 500.Negli immediatamente successivi arrivano 7 titoli mondiali: 2 con la Yamaha di Rainey e 5 con la Honda di Doohan: tutti equipaggiati con sistemi frenanti Brembo caratterizzati da pinze ad attacco assiale. 

Ma i tecnici Brembo non potevano fare a meno di pensare alla pinza ad attacchi radiali. Erano fermamente convinti, infatti, che la pinza radiale, sfruttando l’attacco sulla forcella, potesse irrigidire, oltre alla pinza stessa, l’intero sistema frenante, con un sensibile miglioramento della performance.

 

Meccanicamente, l'accoppiamento radiale avrebbe consentito infatti una maggiore rigidezza della pinza che, unito ad un posizionamento delle pastiglie meglio definito rispetto al disco, avrebbe restituito al pilota una maggiore sensibilità in frenata. Oltre tutto il fissaggio assiale avrebbe anche garantito la possibilità di aumentare con estrema facilità il diametro del disco freno. 


Si trattava solo di aspettare il momento giusto. 

L’occasione giusta si presenta qualche anno dopo. Siamo nel 1997 è l’Aprilia, che proprio in quegli anni si confrontava con i colossi giapponesi nel campionato del mondo 250 ed era costantemente alla ricerca di soluzioni tecniche che la potessero avvantaggiare rispetto agli avversari, chiede a Brembo qualcosa di innovativo. I tecnici Brembo non se lo fanno ripetere due volte e tornarono alla carica proponendo all’Aprilia, l’idea della pinza freno ad attacchi radiali. 


L’entusiasmo della controparte e la nuova energia profusa nel progetto dai tecnici Brembo si concretizzarono in nuovi disegni e in test decisamente approfonditi. I tempi erano finalmente maturi per il passaggio dalla carta al prototipo.


Fiduciosa nel progetto, l’Aprilia decise di testare il prodotto con il collaudatore Marcellino Lucchi durante i test privati sul circuito di Jerez (Spagna) nel febbraio 1998. Lucchi si mostrò subito entusiasta e così nei giorni successivi vennero coinvolti nella sperimentazione anche gli altri piloti Aprilia: Testuya Harada (campione del mondo 250 nel 1993), Loris Capirossi (bi-iridato della 125) e Valentino Rossi (neocampione del mondo 125) iniziarono a testare con successo le nuove pinza Brembo. 


La pinza ad attacco radiale fece il suo esordio nella gara inaugurale del Campionato del Mondo 1998, a Suzuka (Giappone). La nuova soluzione tecnica adottata dalle Aprilia 250 suscitò un certo sbigottimento tra gli addetti ai lavori e nel paddock non mancavano gli scettici. 

Ma quando nella gara seguente l’Aprilia sfiorò la doppietta (vittoria di Harada con Rossi caduto all’ultimo giro mentre era secondo) tutti capirono che la pinza ad attacco radiale rappresentava il futuro.

Per l’Aprilia fu una stagione trionfale con 12 GP vinti e le prime 3 posizioni nella classifica finale del Mondiale: Capirossi campione, Rossi secondo e Harada terzo. La prima a portare la pinza radiale nella classe 500 già nel 1999 è la Suzuki che conquista un sorprendente secondo posto finale. Kenny Roberts Jr, comincia la stagione con le pinze assiali Brembo e passa alle radiali nel corso dell’anno mettendo a segno la prima vittoria di una pinza ad attacchi radiali Brembo nella classe 500. 

Ma è solo l’inizio, perché nonostante l’anno successivo anche la Yamaha sostituisca le pinze assiali Brembo con quelle radiali, è il pilota americano della Suzuki a vincere il mondiale: il primo campione del mondo della 500 con una pinza ad attacco radiale.


Da quel momento iniziò un impiego sempre più massiccio, in pista, della pinza radiale. Nel giro di un paio d’anni tutti i team, compresa la Honda, si convertirono rapidamente alla nuova e più efficace soluzione proposta da Brembo. 
Dal motomondiale, la pinza ad attacchi radiale Brembo passa alla Superbike e quindi, a cascata, alle competizioni minori. Per i piloti è un vero e proprio colpo di fulmine, che porta le precedenti pinze ad attacco assiale ad essere rapidamente sostituite da quelle radiali sulle piste di tutto il mondo.  


Lo stesso responsabile tecnico della Honda Racing Corporation (HRC), con grande stile ed eleganza, ammise di essersi sbagliato e si scusò con i tecnici Brembo per la reazione tranchant di qualche anno prima. D’altra parte, da quando è stata introdotta la MotoGP, nel 2002, tutti i GP sono stati vinti da moto con impianti frenanti Brembo ad attacco radiale.

Dalla pista alla produzione di serie su una moto stradale il passo fu breve. I tempi erano ormai maturi e la straordinaria efficacia provata in pista forniva ampie garanzie anche per la produzione di serie. Anche l’ultimo tabù stava per cadere e ancora un volta Brembo stava riuscendo nella sua missione, trasferire innovazione e know how dalla pista alla strada, mettendola a disposizione di tutti i motociclisti. 


Ancora una volta a credere in questa soluzione fu la casa di Noale. Nel 2003, nel tentativo di rilanciare l’ultima evoluzione della RSV Mille R, l’Aprilia decide di equipaggiare questa bicilindrica con una coppia di pinze Brembo di nuova concezione direttamente derivate dalle competizioni. La RSV Mille R divenne quindi la prima moto stradale equipaggiata con le pinze ad attacco radiale. L’invenzione fu presto adattata da altri Costruttori che temevano di non restare al passo coi tempi.


Sulle moto di serie la pinza ad attacchi radiali conferma tutti i vantaggi dimostrati in pista e ne aggiunge di ulteriori. Essendo priva di ogni sorta di vincolo trasversale, la pinza si adatta in maniera migliore alle piccole oscillazioni del disco in rotazione consentendo così alle pastiglie di occupare la massima superficie utile sul disco; il tutto non fa che migliorare ulteriormente la frenata giovando anche alla durata dei materiali d'attrito che tendono a usurarsi in maniera uniforme.

Dopo una prima applicazione limitata alle moto supersportive, le pinze ad attacco radiale hanno iniziato a diffondersi pure sulle naked e sulle turistiche. Oggi giorno non esiste categoria, scooter inclusi, che non presenti almeno un modello con le pinze ad attacco radiale. 


La pinza ad attacco radiale, nonostante la straordinaria diffusione degli ultimi anni rimane un’ prodotto per moto di alta gamma. Ma quella che sino a qualche decennio fa era solo la bizzarra idea di un gruppo di ingegneri oggi è lo standard “de facto” di un settore, il fedele alleato in pista di ogni pilota e l’oggetto del desiderio di ogni motociclista.


Visione, sagacia, creatività ma soprattutto tenacia e pervicacia hanno permesso a Brembo di scardinare pregiudizi e resistenze affermandosi contro tutto e contro tutti: in una parola hanno permesso a Brembo di innovare.