Inizio anni ’80: Brembo è la prima azienda a produrre un corpo pinza senza fusione

Ci sono innovazioni che nascono dal nulla ed altre che scaturiscono dall’insoddisfazione per un prodotto esistente. 
Non necessariamente si tratta di un prodotto che non soddisfa bene un dato bisogno. Potrebbe infatti anche trattarsi di un oggetto considerato il non plus ultra per quell’impiego.

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Finché una persona o un gruppo di persone smettono di ritenerlo il limite estremo oltre il quale non è possibile andare e come gli esploratori navali di un tempo si mettono in cammino alla ricerca dell’ignoto.


Un’esplorazione nei meandri della conoscenza, con tentativi trial and error finché quella che era solo un’intuizione si materializza fisicamente in tutta la sua lucentezza. Un piccolo passo per la scienza, un grande passo per l’umanità.


Questa è la storia della prima pinza freno “ricavata dal pieno”, una soluzione Brembo nata nelle corse e oggi piuttosto diffusa ma che un tempo invece era considerata utopistica, troppo lontana dalle possibilità manifatturiere degli impianti in uso dei colossi del settore.

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La molla che scatenò il tutto fu l’ingresso nel 1975 di Brembo in Formula 1 in veste di fornitore della Scuderia Ferrari. Un esordio col botto con la conquista di 3 titoli Costruttori consecutivi e di 2 titoli Piloti che avrebbero potuto essere 3 senza l’incidente di Niki Lauda al Nürburgring.


Enzo Ferrari non era appagato dai successi, ma aspirava a differenziarsi in tutto e per tutto dai garagisti britannici. Una richiesta che coinvolgeva anche Brembo, i cui ingegneri iniziarono a studiare nuove soluzioni per l’impianto frenante. 

Una di queste riguardava le pinze dove Brembo nel 1982 introdusse un‘innovazione contraddistinta da un innovativo fissaggio radiale, dal diametro differenziato dei pistoni e da un processo produttivo totalmente nuovo. 

 

Ma facciamo un passo indietro per andare con ordine.

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Grazie al suo DNA fatto di propensione all’innovazione e alla ricerca di nuove sfide da vincere, Brembo è stata la prima azienda a produrre un corpo pinza freno ricavato dal pieno.


Siamo agli inizi degli anni 80. Brembo è ancora un’azienda di piccole dimensioni, ci si conosce tutti: è naturale che un tecnico osservi da vicino il lavoro di un ingegnere, così come per un ingegnere è spontaneo curiosare in officina o nei laboratori. 

 

È così che il capo officina, un brillante tecnico delle macchine a controllo numerico, amante delle nuove tecnologie che si affacciano nel mondo della lavorazione per asportazione di truciolo, pone agli ingegneri un semplice quesito: “Perché non proviamo a progettare e costruire una pinza freno lavorata dal pieno”?

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Rispetto ai prodotti ottenuti per fusione, la lavorazione dal pieno consente l’impiego di materiali con migliori caratteristiche meccaniche, maggiore resistenza alle alte temperature e, di conseguenza, un miglioramento delle prestazioni dell’intero impianto frenante. 

 

Gli ingegneri sono consapevoli di questi plus, ma sono anche convinti che sia una lavorazione molto difficile per un prodotto dalle forme complesse come una pinza freno. L’idea sembra arenarsi. 

Ma dopo qualche tempo il nostro esperto di macchine CNC si presenta nuovamente agli ingegneri, per lanciare una sfida: “Voi disegnate una pinza lavorata dal pieno, io realizzerò il programma e l’utensileria necessari per la realizzazione”.


Il suo sorriso è quello di un uomo sicuro di sé.
Gli ingegneri sono dubbiosi, ma il gioco vale la candela.
Tempo qualche settimana e i disegni sono pronti. “Adesso mostraci cosa sei in grado di fare”, commentano gli ingegneri con una punta di ironia, ma in fondo con speranza.

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L’ostacolo principale, per il nostro uomo, è creare il programma di lavorazione con il percorso utensili e tutta la serie di utensili speciali necessari per realizzare le forme richieste dal corpo pinza. 

Un compito complesso per le dotazioni dell’epoca, nonostante i progettisti avessero disegnato forme più semplici.
È il 1983 quando la pinza freno in 2 pezzi lavorata dal pieno vede la luce. Viene proposta alla scuderia Ferrari che la accoglie con entusiasmo.

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Passano appena 4 anni e nel 1987 la lavorazione “ricavata dal pieno” approda anche nel mondo delle 2 ruote. 

La prima è una pinza assiale composta di due pezzi ciascuno ricavati da un unico blocco di alluminio che verrà adottata dai team della classe 500 proprio nel corso della stagione 1987 con la Yamaha di Eddie Lawson.

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Dalle prime applicazioni, le pinze ricavate dal pieno hanno fatto moltissima strada, aiutate anche dai nuovi software di progettazione CAD 3D e di lavorazione CAM che rendono l’attività molto più semplice.

Un ulteriore livello di complessità è stato raggiunto con una successiva innovazione, inizialmente per la Formula 1: la pinza realizzata dal pieno ma in un unico pezzo (monoblocco). 
Per farla, Brembo ha dovuto progettare e realizzare degli utensili specifici. Una sfida, vinta con successo, che ha permesso all’azienda di produrre pinze dal design molto più armonioso, senza viti o tappi in vista.

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Oggi la lavorazione dal pieno è impiegata anche nella realizzazione di pinze stradali sia per auto che per moto: si tratta di prodotti particolarmente di niccha e dedicati ad appassionati estremamente esigenti. 
Sono un esempio di questo tipo di prodotto le pinze freno dei kit Brembo GT-R per auto o le pinze freno moto GP4-RX, GP4-PR o GP4-MotoGP. 
Questo però non toglie che per l’ennesima volta Brembo sia riuscita a trasferire e a rendere disponibile a tutti gli appassionati la stessa tecnologia di lavorazione nata e utilizzata per i prodotti destinati alle principali competizioni motorsport.

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