Archiviate le prime mille gare del Mondiale Superbike andiamo alla scoperta dei piloti e dei Costruttori più vincenti della categoria ma anche dell’importanza dei freni

Mille gare. È l’incredibile traguardo tagliato dal Mondiale Superbike, che pur ha visto la luce solamente nel 1988, in Ungheria il 27 luglio scorso, in occasione della Superpole Race. 

Merito indubbiamente delle gare multiple previste per le moto derivate dalla serie: inizialmente per ogni round si disputavano due manche ma dal 2019 è stata inserita nel programma una terza gara, la Superpole Race su distanza ridotta.

Di conseguenza, anche se il calendario è limitato a 12 round, nell’ultimo triennio si sono sempre disputate 36 gare per annata, incrementando rapidamente il numero delle competizioni. 
Per dire, la gara numero 900 si era corsa il 12 novembre 2022, quindi due anni e nove mesi prima della millesima: in quell’occasione si impose Toprak Razgatlioglu davanti ad Alvaro Bautista e a Jonathan Rea.

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Curiosamente Razgatlioglu fu anche il vincitore della gara numero 800, nel 2019 a Magny-Cours: in Gara1 il turco partì dalla sedicesima casella ma dopo un giro era già 7° e dopo tre sul podio, ma il meglio lo diede all’ultimo giro con il sorpasso su Rea che gli assicurò la sua prima vittoria. 
Quel giorno Toprak guidava una Kawasaki, mentre in occasione della gara 900 era in sella ad una Yamaha e nella millesima, vinta con 3 secondi su Sam Lowes, è stato un tutt’uno con la sua BMW.

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Il podio della gara numero 900 fu peraltro monopolizzato dai tre piloti più vincenti del Mondiale Superbike, quanto meno considerando le gare: insieme assommano 253 vittorie, più del quarto del totale. 


Una quantità enorme ma nulla di equiparabile a Brembo che si è lasciato sfuggire solo 62 delle prime mille gare. 
Detto in altri termini, le moto equipaggiate con almeno un componente frenante Brembo hanno conquistato 938 di queste gare, facendo segnare una percentuale di poco inferiore al 94 per cento.

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Brembo ha iniziato ad essere protagonista già dal round inaugurale, andato in scena il 3 aprile 1988 a Donington Park (Inghilterra). A darsi battaglia quel giorno c’erano gli italiani Davide Tardozzi e Marco Lucchinelli, lo statunitense Fred Merkel, l’inglese Roger Burnett e il leggendario nordirlandese Joey Dunlop. 
Gara1, a cui parteciparono 39 piloti, fu vinta da Tardozzi con un secondo su Lucchinelli, con Dunlop terzo ad oltre mezzo minuto.
 

A Gara2 furono ammessi solo i piloti che avevano completato almeno metà di Gara1 e così i partenti furono 30. A contendersi il successo furono ancora Lucchinelli e Tardozzi ma quest’ultimo cadde all’ultimo giro, lasciando via libera al campione del mondo della 500 nel 1981. Secondo fu Merkel e sull’ultimo gradino del podio salì Burnett. 
Per l’assegnazione dei punti furono sommati i tempi delle due manche e risultò vincitore Lucchinelli.
 

Quell’anno si scontravano le Ducati 851, le Bimota YB4 e le Honda RC30. Tutte loro impiegavano dischi in ghisa di 5 mm di spessore e con diametri da 290 mm a 320 mm a seconda delle occasioni. Rappresentavano la soluzione più economica e non necessitavano di essere portati in temperatura per essere utilizzati. 

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Su di essi agivano le pinze Brembo in due pezzi fissate con quattro viti d’unione. Il sistema composto da due semi-pinze accoppiate meccanicamente presentava evidenti limiti di rigidezza e scontava la diversa dilatazione tecnica dell’alluminio della pinza e delle viti. Brembo riuscì a risolvere questi problemi, introducendo nella seconda metà degli anni Novanta le pinze monoblocco assiali, in seguito rimpiazzate dalle pinze radiali che migliorarono ulteriormente le prestazioni. 

I dischi in ghisa invece restarono in uso fino al 1994, ma limitatamente ai team privati perché gli ufficiali e i team più abbienti avevano già virato da anni sul carbonio. 
La ghisa è un materiale fragile e l’abbinamento con materiali d’attrito sempre più aggressivi rischiava rotture nel corso delle gare. Tuttavia il carbonio fu bandito per il contenimento dei costi e così dal 1995 tutti si servono dei dischi in acciaio.

Da allora Brembo ha continuato ad innovare introducendo, giusto per citare alcune voci, le pinze con le alette sul corpo esterno, il sistema anti-drag, l’amplificazione, la pompa push & pull, i dischi con canali di ventilazione, oltre a pastiglie e liquidi freno all’avanguardia. 
Peraltro, molte di queste soluzioni sono poi state trasferite sulle moto stradali, generando benefici per milioni di motociclisti

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Tornando alle mille gare del Mondiale Superbike la dominatrice indiscussa è la Ducati con 443 vittorie che le hanno fruttato 20 titoli Costruttori e 16 titoli Piloti. 

Il bottino di vittorie della Casa di Borgo Panigale, peraltro tutto ottenuto a fianco di Brembo, è superiore alla somma delle prime tre inseguitrici: 180 per la Kawasaki, 119 la Honda e 117 la Yamaha. Quinta è l’Aprilia con 52, sesta la BMW con 46, settima la Suzuki con 32 e ottava la Bimota con 11.

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Il re incontrastato è il nordirlandese Jonathan Rea con 119 vittorie e 6 corone iridate: 104 i suoi trionfi con la Kawasaki e 15 con la Honda. Secondo è Toprak Razgatlioglu con 71 vittorie, terzo Alvaro Bautista con 63. 
Completano la Top 5 Carl Fogarty con 59 e Troy Bayliss con 52. L’intero quintetto ha sempre e solo vinto in Superbike con componenti Brembo.

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Sedici sono invece le nazionalità dei piloti che hanno conquistato almeno una gara. Comanda il Regno Unito con 307 vittorie grazie a 15 piloti differenti.
Secondi sono gli italiani con 127 successi, terzi gli statunitensi con 119 e quarti gli australiani con 118. Cifra tonda, 100 vittorie, per gli spagnoli. Sesta è la Turchia con 71, frutto esclusivamente degli sforzi di Razgatlioglu.
 

Ben otto nazioni devono tutte le loro vittorie ad un solo pilota: oltre alla citata Turchia, ci sono l’Irlanda e la Nuova Zelanda con 13 a testa prodotte rispettivamente da Eugene Laverty e Aaron Slight, il Belgio con gli 11 urrà di Stephane Mertens, i Paesi Bassi con i 6 di Michael Van der Mark, mentre gli inni di Germania, Austria e Brasile sono suonati una sola volta.
 

Con i freni Brembo chiunque può farcela.